lunedì 17 dicembre 2007

Spett. Redazione Settesere

Vi invio una interessante foto che illustra come l’amministrazione comunale decide di convertire aree verdi, gia destinate a parco pubblico ,
ad aree “orti” ad uso “privato”. La foto mostra i giardinetti pubblici di via degli olmi (quartiere nord, angolo via de crescenzi), appena recintati per diventare orti.
La cosa avviene mentre si cerca di soprassedere alla polemica sul cambio di destinazione dell’area sita alle bocche dei canali, da orti a edificabile.
Le due cose sono scollegate? Sicuramente alle bocche dei canali vale più un metro edificato che un metro di orto, in via degli olmi vale di più un orto che un metro di giardino pubblico.
A questo punto ci si chiede se le prossime aree verdi pubbliche, con relative giostrine per i bambini, saranno create sui tetti del comune, o se chiunque ha necessità di piantare pomodori potrà farlo anche tra le magnolie del Parco Bucci, o del parco malmerendi (già orto botanico).

venerdì 16 novembre 2007

lettera a settesere del 16/5/2007 - Il sogno di una società più giusta svanisce se non si aiuta la scuola

Spett. Direttore di Sette sere
Mio malgrado mi trovo a dover descrivere una situazione di disa­gio, una tra mille nel sempre più complesso universo della scuola, e più in generale della nostra società civile.
Accade che nella scuola dell'obbligo, in particolare la primaria, sia prevista l'integrazione di bambini extracomunitari con l'aiuto delle figure professionali dei «mediatori culturali» in supporto agli insegnanti. In questa maniera si pensa di velocizzare il processo di integrazione, evitando le ghettizzazioni, partendo dall'aspetto lin­guistico per poi agevolare gli aspetti didattici.
Questo modello sta in piedi se si tratta di integrare una piccola percentuale di bambini extracomunitari, se le risorse per i media­tori culturali sono adeguate e tempestive, se le famiglie dietro a questi bambini hanno la volontà di integrarsi comunque nel no­stro tessuto sociale.
Si dà il caso che anche a Faenza la situazione diverga sempre più da questo modello «ideale»: ci sono scuole in cui la percentuale di bambini di origine non italiana (dovuti ai ricongiungimenti famigliari, ai matrimoni misti, e ad altre situazioni «atipiche») sta crescendo di anno in anno, arrivando al 30% e oltre. Le risorse da destinare ai mediatori culturali vengono tagliate, così come tante altre risorse per la scuola, mettendo in difficoltà chi è in prima linea, insegnanti e dirigenti scolastici, dal punto di vista della didattica (già tartassata da discutibili programmi ministeriali), e della gestione logistica delle classi.
In questo scenario la ghettizzazione, tanto deprecata, guadagna terreno poiché chi può scappa in scuole con percentuali basse o nulle di stranieri.
Qualunque riunione o attività di coinvolgimento dei genitori viene disertata, ma al tempo stesso si creano parallelamente e al di fuori della istruzione pubblica, scuole gestite dalle va­rie comunità etniche e culturali, dove giustamente alcuni bambini, comunque privilegiati, vengono fatti confluirecon l'obbiettivo di non fargli perdere il legame con laloro lingua e cultura originaria. E per tutti gli altri?Una bella prospettiva di emarginazione, vuoto di va­lori, e poi maleducazione, bullismo, ecc ..
Gli insegnanti e i pochi genitori che credono anco­ra sia possibile costruire qualcosa, vengono con­tinuamente sconfessati e disillusi da istituzioni intrise di demagogia politica che non riesconoo non vogliono minimamente governare alcun fenomeno, e che sono totalmente scollegate dalla realtà sociale.
Quello che stiamo costruendo, partendo dalla scuola, è quindi l'immagine della nuova società del futuro.
Peccato per i nostri padri e per tutti coloro che per un certo periodo dal dopoguerra in poi han­no creduto che valesse la pena dar la pelle per costruire una società migliore, più giusta, con valori condivisi e condivisibili.

lunedì 25 giugno 2007

Lettera a Settesere 26/5/2007- Chioschi del cocomero tutto l'anno

Spett. Redazione,
il recente mite inverno e l'arrivo prematuro delle alte temperature hanno risvegliato in tutti noi il desiderio di refrigerio e di ristoro in città presso gli ormai storici chioschi del cocomero. Passando l'altro giorno per via Tolosano notavo come sia faticosa e onerosa la gestione di tali attività: si smonta tutto a fine settembre, si ripristina il prato, e dopo pochi mesi sei daccapo a doverrimontare tutto, più grande e più bello per la stagione successiva: non fa a tempo a nascere la Gigacer che devi rimontare il chio­sco, anzi verrebbe quasi da chiedersi come mai quei 100 metri quadrati di chiosco devono essere smontati tu tti gli anni, quando decine di migliaia di metri quadrati di insediamenti industriali, praticamente in città, rie­scano e diventare così velocemente parte stabile del panoramaFaentino. Ma visto che ce li dobbiamo digerire, almeno ci si conceda il gusto di una fetta di cocomero a Gennaio!

sabato 3 marzo 2007

Lettera a Settesere del 3/3/2007 - Tutti fanno tutto

Spett. Settesere,
mi è recentemente capitato di dover alzare il naso dalla quotidiana routine lavoro, casa, lavoro e di imbattermi in alcuni epocali cambiamenti occorsi credo recentemente.
Non mi riferisco al nuovo mega capannone sulla San Silvestro, né alla mancanza dei draghetti dalla fontana della piazza, tantomeno alle nuove rotonde in giro per la città. Dovendo fare una banalissima voltura di un contatore Enel mi sono recato ignaro alla sede Enel in via Malpighi, e mi sono trovato di fronte a un cartello che rimandava per le operazioni di sportello alle poste in via Naviglio: strano, ora per l'Enel si va alla posta, ho pensato.
Arrivo in via Naviglio ed una volta entrato credo di essere precipitato nel duty free dell'aeroporto di Mar­rakech: pentole e tegami in vendita, articoli da edicola, cd, libri, cittadini stranieri che cambiano euro in dinari, ed in mezzo a tutto ciò gli sportelli delle poste. Chiedo quale
è lo sportello per le pratiche Enel, ritiro il mio numero, e aspetto. Intanto mi leggo l'informativa sulle condizioni applicate ai conti correnti banco posta. Faccio due chiacchiere con un altro spaesato utente che deve fare un vaglia, do­podiché la gentilissima impiegata dello sportello mi spiega che per l'operazione che devo fare io il suo terminale non è abilitato, ma devo chiamare il numero verde.
A parte il tempo perso (1 ora e mezzo) mi rendo conto pensandoci che le stranezze sono anche altre. In effetti l'ultima volta che sono andato in banca mi hanno proposto una specie di assicurazione sulle degen­ze ospedaliere, ma anche quando sono andato all'assicurazione mi hanno chiesto se mi interessava un investimento sicuro, e non era un sinistro in auto. In effetti l'ultimo bollo l'ho pagato dal tabaccaio, ma allora se mi serve un medico? Mi dicono che lo posso prenotare in farmacia, però per l'aspirina posso andare al supermercato. Meno male che per le sigarette e i profilattici ci sono ancora le solite macchinette. E con le tasche piene di bigliettini di prenotazione, validi per il banco dei salumi alle Cicogne, ma anche per la coda dei reclami allo sportello di Hera, me ne torno a casa con una certa confusione in testa.
Ma con una certezza: vado su internet, mi collego al sito www.enel. it, e mi faccio la voltura da solo, mi registro sul sito, entro ... e scopro che Enel mi mette a disposizione gratuitamente una casella di posta elettronica ... !